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La vita rinchiusa fra mille fili: su Plexus di Aurélien Bory

Uno spettacolo di danza in cui la coreografia sembra compiere un passo indietro e occupare una posizione di retrovia, ancella di una struttura scenografica imponente e simbolicamente ingombrante. Una sorta di cubo formato da migliaia di sottilissimi fili, pressoché invisibili ma ben presenti nel delimitare spazi e costringere movimenti. In verità la struttura, creata dal coreografo francese Aurélien Bory e abitata dalla danzatrice giapponese Kaori Ito, è uno spazio altamente flessibile, pronto a essere riempito di visioni quasi fantastiche e di significati non scontati. La coreografia, dunque, anziché ancella, riveste il ruolo di plasmatrice di quello stesso spazio, sagomandone la quasi liquida entità in forme non casuali e pregnanti. La danzatrice – esile eppure forte di una presenza capace di dominare l’intera struttura scenica – si muove disegnando traiettorie brevi e rallentate; appare e scompare fra quei mille fili che costruiscono inusitati tunnel e passaggi; si arrampica come un’esperta acrobata per poi lasciarsi cadere; si cambia magicamente d’abito ovvero si lascia avvolgere da neri sipari che, arrotolati, vorticano sinuosi come serpenti. Le luci – protagoniste dello spettacolo tanto quanto la coreografia e la scenografia – spezzano e frastagliano l’oscurità dominante, la violano e, allo stesso tempo, ne dichiarano la supremazia. La danza lenta e minimale di Kaori To diviene così una sorta di paziente tentativo di fuoriuscire dalle tenebre e dalle costrizioni dell’esistenza umana, un corpo a corpo con la vita combattuto senza violenza né rabbia, bensì con una testardaggine quieta e tenace che evidenzia ancor più il disperato tentativo di essere qualcosa di più di una marionetta – quella che compare nel finale dello spettacolo –manovrata da un destino oscuro e invisibile.01_Plexus@Mario Del Curto

Plexus, creazione di Aurélien Bory per Kaori Ito, visto il 7 ottobre 2014 alle Fonderie Limone di Moncalieri (TO), nell’ambito di Torinodanza