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L’ultima volta di un teatro che non esiste più: su Lehman Trilogy

Uno spettacolo denso ed equilibrato, stratificato e policromo, recitato benissimo: uno dei membri del nutrito gruppo torinese che con Amanda ha assistito sabato scorso all’integrale di Lehman Trilogy vedeva per la prima volta un lavoro di Luca Ronconi, decisamente non poteva andargli meglio. Sì, perché non soltanto nello spettacolo risaltano con geometria cristallina stilemi propri del linguaggio ronconiano ma poiché quegli stessi “marchi” vengono declinati con sicura spensieratezza, quella che poteva permettersi un quasi ottantaduenne dopo aver trascorso sulle scena la maggior parte della propria esistenza. La vicenda della famiglia Lehman – rievocata nel solido testo di Stefano Massini, all’interno del quale, tuttavia, sono disseminati interventi più o meno dissimulati del regista stesso – è narrata con toni epici, con quell’ostentato disinteresse per la linearità temporale e per la verosimiglianza che è propria del genere ma che era saldamente nelle corde di Ronconi, come testimonia – tanto per fare un esempio “attuale” – la passione per Spregelburd. Un’epica allo stesso tempo buffa e drammatica, radicata nel passato eppure capace di suscitare riflessioni non estemporanee sul nostro oggi – la crisi economica che stiamo vivendo certo ma, più rilevante, la “smaterializzazione” del denaro, la sua vana ma pesantissima consistenza. E poi i legami familiari e affettivi, i talenti individuali posti al servizio di un obiettivo comune, la contrapposizione fra vecchi e giovani, fra passate e nuove generazioni. E, ancora, le guerre – ben tre, da quella di secessione americana fino ai due conflitti mondiali – e la contrapposizione fra democratici e repubblicani. I rapporti con la madrepatria – la Germania – e l’incredulità di fronte all’ascesa del nazismo. La malcelata ostilità verso i fratelli ebrei che giungono negli Stati Uniti per fuggire la persecuzione. Tanti sono i temi, le idee, i pensieri di uno spettacolo in cui si ride anche molto, soprattutto nella prima parte. Una messa in scena pressoché perfetta, anche grazie alle straordinarie prove offerte dagli interpreti, in primo luogo i quattro protagonisti – Massimo De Francovich, Massimo Popolizio, Fabrizio Gifuni, Paolo Pierobon. Lehamn Trilogy rimarrà nella memoria di chi ha avuto – e avrà, sarà infatti ripreso nel mese di maggio – la fortuna di assistervi, non tanto in quanto ultimo spettacolo diretto da Luca Ronconi, bensì perché lavoro di altissima – e antica – qualità. L’ultima testimonianza di una maniera di fare teatro che, con la scomparsa dell’unico “maestro” del Novecento rimasto ancora in vita, ha cessato esso stesso di esistere. Una constatazione che Amanda compie senza nostalgie ma con la curiosità di comprendere quale strada imboccherà quel nuovo teatro che già si sta plasmando secondo una personalissima fisionomia.

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Lehman Trilogy, testo di Stefano Massini, regia di Luca Ronconi, visto al Piccolo Teatro Grassi di Milano il 28 febbraio 2015

L’irresistibile attrazione per il “pistolotto” : su Il Principe di Stefano Massini

C’è una cattiva abitudine di alcuni teatranti che provoca immediatamente ad Amanda il desiderio di alzarsi dalla sua poltrona, vale a dire il vezzo di porsi su un piedistallo e predicare al pubblico la verità – con la V maiuscola, ovviamente – sul mondo in cui viviamo. È accaduto anche la scorsa sera con Il Principe, adattamento dell’opera di Niccolò Machiavelli scritto e diretto da Stefano Massini. Il giovane drammaturgo toscano non ha voluto attualizzare il testo – e questo è un suo merito – ma non ha resistito all’irresistibile attrazione per il “pistolotto”, facendo concludere lo spettacolo con un collage di citazioni di intellettuali e giornalisti – l’immancabile Pasolini, Montanelli, Natalia Ginzburg, … – in cui si deplora l’atteggiamento qualunquistico del popolo italiano nei confronti della politica. Un’appendice che avrebbe dovuto fungere da conclusione alle argomentazioni di Machiavelli dichiarando l’impossibilità, nelle attuali condizioni, che un “principe”, ossia un governante più o meno perfetto, nasca in Italia. In realtà, però, questo florilegio di citazioni – decontestualizzate e quindi banalizzate, ridotte quasi a frasi da Baci Perugina buone per fare bella figura in una conversazione sulla situazione politica italiana – non dice assolutamente nulla di più di quanto già si sa sulla nostra realtà, anzi ricalca le tante discussioni “da bar” che, oramai, sono divenute parole vuote per riempire silenzi e mancano del tutto di profondità. È molto semplice sparare contro l’Italia e gli italiani – così come parlare male di Berlusconi – molto più difficile è cercare di analizzare il perché il nostro paese è divenuto lo zimbello d’Europa e, soprattutto, perché noi italiani abbiamo lasciato che ciò accadesse. L’autocritica è l’unico mezzo per cambiare la situazione e, forse, il vero atto di coraggio e di impegno “politico” che un teatrante dovrebbe fare è meditare sulla qualità e sull’eticità del proprio lavoro, mettendolo in discussione, se necessario…

Il-Principe-nella-foto-G_-Colzi-foto-di-C_-Andolcetti-e-M_-Ammannati Il Principe, da Niccolò Machiavelli. Adattamento e regia di Stefano Massini, con gli attori di Arca Azzurra Teatro. Visto al teatro Gobetti di Torino il 3 dicembre 2013