L’opera che non c’è: su Verdi Re Lear di Lenz

Una sfida da far tremare i polsi, così Amanda definisce l’impresa intrapresa con il consueto rigore da Francesco Pititto e Maria Federica Maestri, i quali hanno scelto di mettere in scena un’opera che non esiste o, meglio, è esistita soltanto nella mente di Giuseppe Verdi il quale, pur in possesso del libretto scritto da Antonio Somma, non compose mai la musica. Si parla del Re Lear, tragedia che il musicista rincorse per anni, studiandola e desiderandola, senza mai riuscire tuttavia a realizzarla. Un’opera-chimera o, forse, un’ossessione. Una meta spostata ognora più avanti fino a non raggiungerla mai, pur tracciando un percorso artistico le cui tappe coincidono con opere significative del repertorio verdiano. I Lenz scelgono di tradurre questa chimera-ossessione in una concentrata installazione visivo-musicale, sostanziando in immagini e suoni fortemente iconici ed evocatici quei pensieri e quelle suggestioni che imprigionarono per anni il talento verdiano. Un’installazione duplice, allestita in due spazi distinti e autonomi, non conseguenti, tanto che il pubblico, per sorteggio, è invitato a iniziare il proprio percorso di fruizione dell’opera dall’uno ovvero dall’altro e il trasferimento dall’una all’altra sala non diviene tanto un intervallo quanto un passaggio, assorto e sinuoso, da una paesaggio mentale a un altro. La tragedia shakespereana è scarnificata, ricondotta ai suoi immortali nuclei tematici, primo fra tutti la follia e, poi, sincerità e finzione, brama di potere e umana fragilità. Temi che i Lenz suggeriscono inventando quelle che essi stessi definiscono “immagini acustiche”: quadri di raffinata eleganza formale e acuta pregnanza, abitati dai performer abituali della compagnia, compresi alcuni degli “attori sensibili”, così come da alcuni giovani cantanti allievi del conservatorio Arrigo Boito di Parma, e, ancora, dalla musica composta dall’inglese Robin Rimbaud aka Scanner, cui è stato affidato l’arduo compito di comporre non tanto quella partitura che mai Verdi scrisse, quanto quel corrispettivo sonoro capace di dare profondità alle immagini create sui due palcoscenici da Pititto e Maestri. L’opera che il musicista di Busseto non compose diviene così un percorso visivo e uditivo di potente e inusuale magnetismo.

Lenz Fondazione + Robin Rimbaud aka Scanner - Verdi Re Lear - © Francesco Pititto

Verdi Re Lear, di Lenz Fondazione, visto al Lenz Teatro di Parma nell’ambito del Festival Verdi 2015, il 10 ottobre 2015.

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